victoria oluboyo
Egitto:la lotta di una popolazione verso la democrazia
Aggiornamento: 4 mar 2020
A quattro anni dalla morte di Giulio Regeni rimasta irrisolta, un nuovo caso simile si presenta. Patrick Zaky, un ragazzo egiziano studente presso l' Università degli Studi di Bologna, è stato arrestato e torturato per 17 ore dalle autorità egiziane e messo in carcere.
Patrick, insieme a milioni di giovani in Egitto, in altri paesi del Nord-Africa e in Medio Oriente, ha partecipato nel 2011 ai moti rivoluzionari denominati Primavera Araba, proteste mosse dalla voglia di cambiamento e rovesciamento dei regimi politici e militari autocratici caratterizzati da forte corruzione, inefficienza amministrativa e sperpero delle risorse nazionali.
Il fine ultimo era di arrivare a una totale libertà nei vari paesi ma soprattutto a un livello di democrazia tale che avrebbe portato al rinnovamento completo della classe dirigente.
EGITTO
Dopo la rivoluzione araba promossa dai giovani, lo spirito di cambiamento presente nell' aria si è trasformato in delusione.
"In Medio Oriente hanno iniziato a condividere qualcosa che andava oltre la loro lingua e la religione; infatti, hanno iniziato a condividere un sentimento comune di frustrazione verso il loro sistema politico, socio-economico e verso la propria esistenza. Ha avuto così inizio un viaggio che avrebbe dovuto condurre tali popolazioni verso la libertà, la parità dei diritti, la partecipazione politica e la giustizia economica; nella realtà, la primavera araba non ha condotto verso tali obiettivi." - Daniela Franceschi

Osservando l’immagine tratta dall’Economist è possibile capire che l'unico paese arrivato a una piena democrazia dopo i moti rivoluzionari è stato la Tunisia.
Ovunque la richiesta di democrazia è stata disattesa, i problemi economici e demografici sono rimasti irrisolti. Si è preferito utilizzare la forza per affrontare le tensioni tra Stato e società civile
Althea, una ragazza italiana che ha vissuto in Egitto per più di tre anni tra il 2013 e il 2017, racconta l'Egitto dove i giovani continuano la loro lotta verso la democrazia.
Nel tuo periodo di permanenza in Egitto hai conosciuto Giulio Regeni, che ricordo hai di lui?
L’ho conosciuto indirettamente, nel senso che frequentando spesso il quartiere Downtown (detto Wust el-Balad in arabo) capitava di incontrarsi a mostre, proiezioni di film ed eventi culturali. La zona era frequentata maggiormente da giovani egiziani e studenti stranieri.
Nelle ore successive il ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, tu eri in Egitto; che aria si respirava?
Nei giorni precedenti il ritrovamento del cadavere c’era molta angoscia e preoccupazione per le sorti di Giulio.
Perché?
In Egitto quando una persona scompare per vari giorni senza comunicare nulla, generalmente si pensa al peggio, ovvero che sia stata incarcerata. Nel caso di Giulio, benché sapessimo che nei giorni della sua assenza probabilmente non gli era successo nulla di buono, non ci aspettavamo una tale efferatezza.
In Egitto, in questo momento hai degli amici in carcere?
Ho avuto vari amici in carcere, ho partecipato a delle petizioni per farli scarcerare, alcune anche promosse da Amnesty International.
Attualmente ho due amici che si trovano in carcere.
Mustafa al-Aasar, giornalista arrestato perché stava lavorando a un video sugli oppositori al regime del Presidente Al-Sisi per conto di Al-Jazeera, e Hassan al-Banna, suo coinquilino, arrestato semplicemente perché si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Da quanto tempo sono in carcere?
Sono in carcere da ormai due anni. Inizialmente il fermo veniva rinnovato ogni 15 giorni e poi, trascorsi 150 giorni in carcere, con il rinnovo ogni 45 giorni.
Per ogni persona in carcere non si conosce la pena e quindi neanche la durata della detenzione.

In Egitto l’arresto è utilizzato come arma per disfarsi degli oppositori politici e reprimere qualsiasi forma di dissenso.
Come mostra il grafico tratto da ISPI, solamente nel 2019, i casi di arresto seguiti dalla Corte Suprema sono stati 1470 e 345 i giorni di permanenza media nelle carceri.
Giornalisti, attivisti, ricercatori, cittadini egiziani e stranieri rischiano quotidianamente il carcere nel momento in cui manifestano liberamente il loro dissenso verso il Governo di Al-Sisi o semplicemente pensano con la propria testa.
È più pericoloso criticare il governo in questi ultimi anni che in qualsiasi momento della storia recente dell'Egitto.
Secondo il giornale online egiziano (censurato in Egitto) Madamasr, nel corso degli anni, la repressione è stata implacabile, con le autorità che hanno sottoposto attivisti di spicco a un via vai continuo nelle prigioni. L’avvocato Ahmed Ezzat, attivista per la difesa dei diritti umani in Egitto, ha dichiarato che, poiché lo Stato controlla la polizia, la pubblica accusa, la sicurezza dello stato e la magistratura, non è possibile avere un giusto processo. Inoltre, viene fatto di tutto affinché le persone rimangano in carcere, anche formulando nuove accuse una volta terminato il periodo di custodia cautelare.
Come saprai, è stato arrestato Patrick Zaky. Pensi sia un altro caso Giulio Regeni oppure finirà diversamente?
Spero che la pressione internazionale protegga Patrick dalla violenza delle autorità egiziane, non è detto però che porti il regime a liberarlo. Ci sono state altre figure per cui è stata fatta una forte pressione mediatica ma che tuttora sono in carcere come Ramy Shaath.
CHI E' RAMY SHAATH?
Ramy Shaath è un politico egiziano-palestinese di 48 anni. Suo padre, Nabil Shaath, è stato Vice Primo Ministro dell’Autorità nazionale palestinese, ed è attualmente consigliere per gli Affari Esteri del Presidente Mahmoud Abbas.
Le forze di sicurezza egiziane lo hanno arrestato il 5 luglio 2019 e hanno espulso sua moglie francese, Celine Lebrun-Shaath, illegalmente. Attraverso il suo lavoro politico, Ramy ha promosso il sostegno alla lotta palestinese in Egitto. Ha costantemente condannato le violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi e si è opposto alla normalizzazione con il regime israeliano di occupazione, accusato di colonialismo e apartheid.
Amnesty International ha rilasciato una dichiarazione che considera Ramy Shaath "un prigioniero di coscienza, poiché la sua detenzione deriva esclusivamente dall'esercizio pacifico del suo diritto alla libertà di espressione e del suo diritto a partecipare agli affari pubblici" e chiede la sua liberazione immediata.”
L’ arresto di Patrick Zaky ha mosso non solo l’opinione pubblica nazionale, ma anche l’intera comunità internazionale, David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo ha detto:
“Voglio ricordare alle autorità egiziane che la UE condiziona i suoi rapporti con i paesi terzi al rispetto dei diritti umani e civili, come ribadito da molte risoluzioni approvate dal Parlamento. Chiedo, quindi, che Patrick Zaky venga immediatamente rilasciato e restituito all’affetto dei suoi cari ed ai suoi studi.” - David Sassoli
Il commento del Presidente della Commissione Europea non è stato gradito dal Presidente della Camera dei deputati egiziana, Ali Abdel Aal, che ha respinto categoricamente la dichiarazione del Presidente del Parlamento Europeo, definendola in un comunicato "un'ingerenza inaccettabile negli affari interni e un attacco contro il potere giudiziario egiziano".
Se per una figura di spicco e conosciuta a livello internazionale come Rami Shaath e dopo le varie pressioni del Governo Francese nulla è cambiato, ritrovandosi ancora in carcere dopo quasi un anno, il ritorno di Patrick in Italia è molto incerto.
Nel paese è presente una grave violazione dei diritti umani. Le leggi antiterrorismo vengono usate per perseguire i dissidenti. Il governo ha arrestato decine di critici del Presidente Al-Sisi, compresi i potenziali candidati alla presidenza, nelle elezioni presidenziali del 2018 che si sono svolte in un ambiente iniquo e non libero. La polizia e la National Security Agency hanno sistematicamente usato torture e sparizioni forzate. Il governo ha inviato migliaia di civili in tribunali militari, ha minato l'indipendenza della magistratura e ha condannato a morte e giustiziato decine di persone a seguito di processi farsa. Il governo continua a vietare la maggior parte delle forme di organizzazione indipendente e assemblea pacifica.

Dai dati di Reporters Without Borders emerge che l’Egitto rientra nella lista dei paesi peggiori per la libertà di stampa. Sfortunatamente il suo primato non riguarda solamente la libertà di parola.
Il rapimento e la tortura vengono utilizzati come strumento per mettere a tacere gli oppositori.
Le drammatiche torture praticate vengono fatte durante l’interrogatorio per estorcere confessioni. Caso eclatante è stato quello di Mazeb Mohamed Abdallah, come riporta Amnesty, che a soli 14 anni è stato ripetutamente violentato con un bastone di legno per estorcergli una falsa confessione.
La sparizione e la morte di Giulio, molto simile a quella di altri egiziani morti in custodia cautelare, fanno emergere un modus operandi riservato ai dissidenti.
"…La repressione contro ogni forma di dissenso politico è sempre presente. Però era maggiormente diretta contro i Fratelli Musulmani, mentre in una seconda fase si è estesa a ogni tipo di attivismo e, in generale, contro chi può essere sospettato di pensare con la propria testa.”
Di fronte a queste gravi violazioni dei diritti umani è sconcertante vedere l’Italia che continua imperterrita ad avere relazioni commerciali con l’Egitto.
L’Egitto negli ultimi anni ha acquistato, per numerosi milioni di euro, armi, munizioni e sistemi di informazione per la sicurezza. La spesa nel 2018 ammontava a più di 69 milioni di euro.
Fondamentali sono gli interessi commerciali che l’Italia, nel corso degli anni e soprattutto dopo la morte di Giulio, ha sempre cercato di preservare tra la compagnia Eni e lo Stato egiziano.
A novembre il Presidente egiziano Al- Sisi ha ricevuto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Lo riferisce una nota della presidenza del Cairo pubblicata su Facebook. All'incontro ha preso parte il Ministro del Petrolio egiziano, Tarek el Molla, affermando: “l’incontro rientra nel quadro dei colloqui periodici per discutere dei progressi compiuti dalle società italiane nelle attività Oil & Gas”, durante l'incontro l’Amministratore Delegato Eni “ha illustrato gli sviluppi di numerosi progetti realizzati da Eni, tra cui la produzione del giacimento di gas Zohr”.
Emerge il paradosso delle continue relazioni commerciali tra Egitto e Italia, nonostante le ripetute violazioni dei diritti fondamentali da parte dello Stato egiziano.
Per riuscire realmente a liberare non solo Patrick Zaky ma tutti coloro che in Egitto stanno combattendo per la loro libertà, è fondamentale che l’Italia interrompa i rapporti commerciali, ma soprattutto che l’ Europa intera prenda posizione in merito.
La prima cosa che dovrebbe prevalere è la tutela della persona in quanto tale e non la protezione dei propri interessi commerciali.
Quotidianamente migliaia di giovani lottano per la democrazia, per gli ideali di uguaglianza, nonostante sappiano di avere un'alta possibilità di essere incarcerati.
L’Europa non può rendersi partecipe di questi crimini.
La madre di Giulio Regeni il 25 gennaio a Fiumicelli ha dichiarato:
" Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a un'espansione di affari tra questi due paesi, quindi non saremo mai in grado di spremerli. Questo è il momento delle scelte. "
Il 2020 deve essere l'anno della scelta.